
anzi no
questa storia è dedicata a chi cambia spesso idea. anzi no...
questo racconto è tratto dal libro gli streghi

questo racconto è tratto dal libro non sono un gatto!
intanto è uscito il libro non sono un gatto! questo è uno dei capitoli
il camaleonte
... fu così che il gatto non gatto, incompreso da tutti gli altri gatti nel quartiere, salutò con un colpo di coda e, senza pensarci tanto su, se ne andò. da qualche parte sarebbe arrivato e da quelle parti, chissà, forse qualcuno lo avrebbe compreso e forse avrebbe trovato quello che cercava.
la miciona della signora cesira avrebbe avuto ancora tante altre favole e filastrocche da raccontare, invece le toccava rimettersi in attesa: prima o poi qualche altra gatta avrebbe messo al mondo un gattino e lei avrebbe ricominciato ogni cosa da capo. la gatta della baronessa felini se ne era rimasta con il suo bel programma di lezioni di tutte le materie, intervalli e verifiche comprese, ma senza alunno ancora per un po’ non avrebbe insegnato alcunché e ripose la matita rossa e blu nel cassetto dei calzini.
papà gatto se ne andava mogio mogio a spasso sui tetti, da solo, immaginando a quanto sarebbe stato bello andarci con il suo figliolo; mamma gatta se ne stava mogia mogia pure lei, in un cantuccio, senza troppa voglia di ricevere visite e incontrare chicchessia. nonno alfonso sospirava malinconico, ma in fondo lo aveva capito, che il nipotino era troppo giovane per soffocare i suoi desideri e lui, vecchio gatto, era troppo anziano per andarsene via con lui.
se pensi che soltanto il giorno prima erano tutti emozionati, entusiasti e impazienti per la nascita, beh, davvero il clima di grande festa era svanito molto in fretta e pure il sole in cielo si era nascosto dietro una nuvola. dalle altre comunità feline nessuno scrisse alcunché, nel quartiere i cani tornarono alla loro vita di segugi e i topi ripresero le loro indaffarate attività in cantina, in soffitta e nel sottoscala.
il gatto non gatto era andato, portando con sé soltanto i suoi sogni e la pelliccia nera nera.
«bau.» si sentì d’un tratto. ormai era troppo lontano dal quartiere, perché potesse trattarsi di uno dei suoi compagni gatti che lo prendeva in giro, imitando l’abbaiare di un cane. era quindi il caso di restare all’erta, rizzare bene le orecchie e cercare di capirci qualcosa.
«coccodè.» si sentì di nuovo. e la voce pareva la stessa, ancorché il verso fosse davvero molto diverso dal primo.
«cra cra.» gracidò per la terza volta la medesima voce. il gatto continuava a non vedere nessuno, però, e solo com’era non poteva nemmeno consultarsi con qualcuno per un consiglio sul da farsi.
«che tu sia cane, gallina o ranocchio – esclamò, non senza una buona dose di coraggio – se non ti vedo per me non esisti, sei solo una voce e le voci, tutti lo sanno, si perdono nel vento.»
«quindi fatti vedere – continuò – oppure tanti saluti e me ne vado.»
«sono qui, sono qui! – fece subito la voce, prima che il gatto potesse muovere un solo passo – davvero non mi vedi, rosso come sono?»
guardandosi intorno di rosso non c’era proprio niente, a parte un pomodoro, che chissà cosa ci faceva sulla strada un pomodoro tutto solo... e comunque i pomodori non abbaiano, non chiocciano e non gracidano. di altre cose rosse nemmeno l’ombra: non una fragola, né un’autopompa dei vigili del fuoco.
«non vedo nulla di rosso...» borbottò il gatto.
«infatti adesso sono giallo!» fu la pronta risposta, ma anche di giallo là in giro c’era ben poco: mezzo limone, un girasole e un calzino; nulla che potesse emettere un verso.
«anche di giallo non vedo granché.» insistette il gatto, cui questo gioco non è che piacesse poi tanto.
«infatti sono verde.» e di verde, invece, c’erano tantissime cose, a cominciare dall’erba e dalle foglie degli alberi, ognuna di un verde diverso, che messe tutte insieme erano una meraviglia. e proprio tra le foglie qualcosa si muoveva, attirando subito l’attenzione del micio esploratore.
«ti ho visto, ti ho visto!» strillò, infatti, entusiasta.
«bravo!» fece l’altro, poco abituato a essere individuato e lieto che qualcuno, finalmente lo avesse notato.
era un camaleonte che, come tutti i camaleonti, di natura cambiava colore a seconda di quello che gli stava vicino e per diletto imitava le voci degli altri animali. questa cosa, però, gli altri suoi simili non erano in grado di farla, ma a lui permetteva di divertirsi e, ogni tanto, di fare quattro chiacchiere con qualche passante.
«a volte rosso, a volte giallo, a volte verde – borbottò il gatto – che ti credi di essere, un semaforo?!»
a entrambi scappò mezza risata, che messe insieme facevano una risata intera e il buonumore facilita l’amicizia, non è vero?
«io non sono ciò che vedi – sussurrò il camaleonte – ma se vedi ciò che sono dillo anche a me, che quando mi guardo allo specchio non capisco mai dove sono.»
«siam messi bene, noi due! – sorrise il gatto – io che son per tutti qualcosa, ma mi sento qualcos’altro; tu che sei qualsiasi cosa e non sai cosa sei. è un bell’inghippo...»
«io, destinato a essere sempre qualcos’altro da quello che sono, – sorrise anche il camaleonte – e tu che sei quel che sei e vorresti invece essere mille altre cose...»
«mille no, – puntualizzò il gatto non gatto – me ne basta una, purché non sia un gatto.»
era un inghippo davvero. chissà nonno alfonso come lo avrebbe risolto. ma intanto il camaleonte si era avvicinato al suo nuovo amico, così vicino, ma così vicino, che era diventato nero anche lui, come gli capitava soltanto nelle notti senza luna, quando si mimetizzava nel buio del cielo. e il gatto, pur avendo l’altro più vicino che mai, di nuovo non vedeva nessuno, nascosto com’era nel suo pelo, e per un istante pensò di essere rimasto solo un’altra volta.
«un po’ mi piacerebbe essere come te – disse il camaleonte nero – ma come te ci sei già tu e se davvero tu e io fossimo uguali da non saperci distinguere non sarebbe divertente, non credi?» e si allontanò di qualche passo, mimetizzandosi prima nelle margherite del prato, poi nel tronco di una betulla.
«tu sarai tu – continuò – e io sarò le varie cose che sono ogni giorno.»
«io sarò io...» pensò il gatto, con tono sognante. era proprio per quello che si era messo in cammino e ci voleva il variopinto pensiero di un camaleonte per aver chiara la cosa.
«io sarò io!» ripeté, strizzando l’occhiolino all’amico, con un sorriso soddisfatto, e riprese la sua strada.