top of page
250426 racconto.jpg

era lontana ogni spiaggia, nel 1719, e ancor più sperduta ogni isola deserta, ottimo spunto per un romanzo d’avventura come robinson crusoe, pubblicato proprio quell’anno, il 25 di aprile

a un passo da te

passeggiando sulla spiaggia in cerca di conchiglie per la sua collezione e di qualche crostaceo da bollire per la cena, il naufrago notò un’insolita impronta, nitidamente impressa nella sabbia bagnata.

dapprima rallentò appena e finse di non notarla, temendo che si trattasse di un’imboscata: una sorta di specchietto per le allodole, e i pennuti non gli stavano troppo simpatici; fare la loro fine ancor di meno. poi si voltò a destra e a sinistra, sopra e sotto, davanti e dietro, per accertarsi che non ci fosse qualcuno a osservarlo; fece la giravolta, la fece un’altra volta, fece un salto, ne fece un altro e si apprestò a dare un bacio a chi vuoi tu, sapendo però che quel gioco si sarebbe miseramente concluso lì.

finalmente il naufrago si fermò, a pochi passi da quell’impronta mai vista prima, senza sapere se toccasse a lui, fare quei pochi passi, o lei, essendo appartenuta a un piede e sapendo, quindi, il fatto suo. muovendo impercettibilmente le dita dei piedi, poi la pianta, quindi il tallone, i pochi passi diventarono ancor meno e, non senza una certa emozione, il naufrago si sedette accanto all’impronta, nell’intento scientifico di analizzarla in tutta la sua fattezza.

viste le dimensioni doveva trattarsi di un essere proporzionato a quel piede: nulla per cui stare troppo tranquilli. visto l’insolito battistrada ancor di più.

la voglia di cancellare ogni traccia e non pensarci più era tanta, oltretutto con l’alta marea l’acqua avrebbe fatto da sé e di quell’impronta si sarebbe presto perso il ricordo, se non fosse che...

«buongiorno!» esclamò un tipo, venuto da chissà dove, proprio alle spalle del naufrago.

«buongiorno a lei. – ripeté meccanicamente lui che, nonostante le disavventure romanzesche e un certo brivido lungo la schiena per l’inattesa visita, non aveva dimenticato cortesia e signorilità – cosa la porta su quest’isola deserta, che con lei e me ora deserta più non è?»

«il rumore delle onde.» rispose il nuovo arrivato, bofonchiando la prima frase di senso compiuto che gli passava per la mente.

«venerdì, – aggiunse, prima che il naufrago potesse ribattere – my name is venerdì.» friday, per i naufraghi anglosassoni, freitag per quelli tedeschi, vendredi per i francesi e viernes per gli spagnoli di qua e di là dell’oceano.

«impossibile, – borbottò l’altro – oggi è sabato. il naufragio mi ha fatto perdere ogni cosa, ma non il senso del tempo e, se lei davvero è venerdì, sappia che ha un giorno intero di ritardo, che non è un bel modo per cominciare le cose.»

«oppure sei di anticipo!» esclamò venerdì, cercando di aggiustare le cose.

«potrei chiamarla sabato e le cose si appianerebbero.» propose il naufrago, con tono serio, ma intento scherzoso.

«come desidera, – sorrise venerdì, o sabato, non so – ogni giorno mi va bene, tranne il lunedì, per cortesia. e men che meno il lunedì mattina.»

fu così che venerdì rimase venerdì, azzeccando il giorno una volta a settimana, e il discorso poté tornare sulla sabbia, tra le conchiglie.

«è sua quell’impronta? – lo interrogò il naufrago – guardando il suo piede di dimensioni abbastanza classiche, tenderei a escluderlo...»

«parrebbe più quella dell’uomo sulla luna – continuò – ma quando mai l’uomo è andato sulla luna...?»

«accadrà, accadrà – lo interruppe, sicuro, il tal venerdì – ma non certo prima del prossimo secolo... direi intorno al 1865...» e come facesse a esserne così sicuro, nessuno lo sa.

«però è mia, davvero!» esclamò

«impossibile – dubitò il naufrago – i suoi piedi sono provvisti di dita come i miei, mentre l’impronta ne è priva, nessun dubbio.»

«sono le mie infradito!» insistette venerdì.

«what’s infradito?» borbottò l’altro, a bassa voce, ma sufficientemente a voce alta per farsi sentire.

«le infradito! – ripeté lui – chi mai andrebbe a spasso sulla spiaggia senza indossare un bel paio di infradito?» e troppo tardi si accorse che uno ce n’era e stava di fronte a lui in quel preciso momento...

i due trascorsero la giornata raccontandosi questo e quello, raccogliendo conchiglie per la collezione e pescando un bell’astice per la cena, per la quale si invitarono a vicenda e non si è mai saputo chi cucinò e chi lavò i piatti.

dal giorno seguente fino alla fine dell’avventura non ci fu giorno in cui il naufrago non sfoggiasse il suo meraviglioso paio di infradito, dono del nuovo amico venerdì, inizio di una grande amicizia.

© andrea valente
bottom of page