
questa storia è dedicata a chi cambia spesso idea. anzi no...
racconto ai piccoli il mondo dei grandi
ai grandi il mondo dei piccoli
racconto ai piccoli il mondo dei grandi
ai grandi il mondo dei piccoli

questo racconto è tratto dal libro ops!
sono questi i gironi del giro d’italia, come quella volta, nel lontano 1924...
vado a farmi un giro
«vado a farmi un giro!» esclamava l’esuberante alfonsina, saltando in sella alla sua sgangherata bicicletta e traballando sulla strada sterrata. che ci fosse il sole o la pioggia non faceva grande differenza per lei, che pedalava allegramente, su per le salite e giù per le discese, per tornarsene dopo qualche ora a casa, stanca ma soddisfatta.
era una ragazza piena di vita, la giovane alfonsina, con un sorriso intrigante, lo sguardo vispo e un ciuffo tra i capelli. quando correva, spingendo sui pedali, pareva un’amazzone al galoppo, un fulmine improvviso, un’aquila in picchiata, un delfino tra le onde... e la gente si fermava sui marciapiedi per ammirarla: ma dove vai, bellezza in bicicletta?!
negli anni venti di un secolo fa le biciclette non erano più gli antichi e improbabili bicicli, con un’enorme ruota davanti e una minuscola dietro.
tuttavia non erano nemmeno le sfreccianti due ruote moderne, che se non ti tieni ben forte al manubrio se ne vanno senza di te!
erano pesanti venti chili, con le ruote che si foravano facilmente, allora bisognava portare con sé un paio di camere d’aria di riserva, fermarsi, smontare la ruota, gonfiarla, rimontarla e ripartire. i freni a volte saltavano, il cambio non c’era per nulla e il sellino non era certo una poltrona. le strade erano di terra battuta, che sotto un temporale diventava fango, piene di buche e cadere era facilissimo; quando erano lastricate di pietra, di pavé o di porfido, diventavano scivolose ed era difficile mantenere l’equilibrio.
però andare in bicicletta era una meraviglia e alfonsina, quando sfrecciava sul suo sellino, era una bellezza, che veniva voglia di cantarle una canzone.
«vado a farmi un giro!» esclamò nella primavera del 1924, ma in pochi notarono che la g di giro era maiuscola e non minuscola. una differenza, così piccola, ma in realtà enorme.
«vado a farmi un giro!» disse davvero, senza badare se chi la sentiva la ascoltasse davvero, come se avesse borbottato ma che bella giornata o chissà quale altra cosa. alcuni avevano sentito solo la parola vado, come se andasse al mercato; altri solamente giro, ma con la minuscola e non la maiuscola, come per un girotondo o un giro di walzer.
«vado a farmi un giro-iro-iro!» si sentì riecheggiare nell’aria, ma ormai alfonsina era bell’e che andata e non c’era modo di chiederle dove, come o perché. il quando, invece, era quel preciso momento.
partiva proprio quel giorno, infatti, alle prime luci del mattino del 10 di maggio, il giro d’italia: corsa ciclistica per atleti veri, altroché. e alfonsina si presentò puntuale e arzilla, per prendere il via con altri ottantanove corridori.
ecco che subito la differenza tra una ragazza e tanti maschioni si faceva ben più evidente di una lettera minuscola o una minuscola; ecco che chi non ridacchiò beffardo sotto due baffi grossi così, fece un’espressione imbarazzata, attonita e scandalizzata; ecco che gli organizzatori si riunirono in fretta e furia, bisbigliando, bofonchiando e borbottando, per cercare tra i cavilli del regolamento un motivo per non farla partecipare, ma niente.
fu così che anche lei partì, con un energico colpo di pedale, alle prime ore del mattino del 10 di maggio, per correre la sua prima tappa del suo primo giro d’italia, che da milano, scavalcando gli appennini, avrebbe raggiunto genova, per i trecento chilometri più lunghi della sua carriera. poi a firenze, a roma, a napoli, a taranto, a foggia. e tra una fatica e l’altra un meritato giorno di riposo, per recuperare le forze e chiacchierare con gli ottantanove avversari.
anzi, ottantadue, anzi, settantaquattro, anzi, sessantasei, anzi, cinquantatré, anzi...
«una donna in bicicletta!» esclamava qualcuno.
«una donna al giro d’italia!» protestava qualcun altro.
«una donna tra tutti questi uomini...» si sorprendevano in molti.
già, perché di tappa in tappa c’era sempre qualcuno, maschio, baffuto, atletico e forte, che si ritirava, per una caduta, per un raffreddore o forse proprio perché non ce la faceva più. non alfonsina, che se non aveva le forze per arrivare prima, ne aveva senz’altro abbastanza per non essere ultima.
allora via, verso perugia, poi bologna, poi fiume, poi verona e finalmente, nel tardo pomeriggio di sabato, 1 giugno, il traguardo finale di milano. primo all’arrivo fu un tale signor giuseppe, corridore esperto e bravo di sicuro, ma vuoi mettere con alfonsina?! chi mai avrebbe cantato una canzone per il signor giuseppe? chi mai avrebbe borbottato, si sarebbe sorpreso e scandalizzato per lui? chi, soprattutto, si sarebbe fermato ad ammirarlo, innamorandosi un po’?!
solo trenta biciclette completarono il giro, anzi, il giro con la maiuscola e tra esse quella di alfonsina, pesante, traballante e infangata, ma accolta al traguardo da un boato e dalla banda della città.
gli organizzatori, consegnata la coppa al primo, una medaglia al secondo e un prosciutto al terzo, si congratularono un po’ controvoglia anche con lei, ma s’affrettarono poi a contattare un notaio, per aggiungere un cavillo al regolamento, che impedisse in futuro ad altre donne di fare altrettanto.