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questo racconto è tratto dal libro così per sport

si celebra il 6 di aprile la giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e per la pace...

non è cosa da dio degli dei

era il primo giorno d’estate, quando atena, dioniso, poseidone e apollo si presentarono alle prime luci dell’alba da zeus, nientemeno, lassù sul monte olimpo. e con loro demetra, era, artemide, hermes, ares, efesto e, per ultima, afrodite che, bella com’era, se aveva i soliti dieci minuti di ritardo, la perdonavano subito tutti al secondo battito di ciglia.

parevano una squadra di calciatori: in undici dal portiere al centravanti, invece erano più semplicemente gli dei dell’olimpo, forse ascesi fino alla cima del monte all’ora di colazione per farsi offrire un caffè e chiedere in dono un pallone. allora sì che la squadra sarebbe stata al completo! con zeus a far da allenatore, si intende.

anziché consultarsi sul ruolo di terzino o di mediano, sugli schemi d’attacco e sulle tattiche difensive, fu hermes a prendere la parola a nome di tutti.

«ci serve uno sponsor, capo» borbottò, nell’attento silenzio di ognuno.

«magari una ditta di bevande gasate» continuò a borbottare, mentre gli altri continuavano a tacere «o una grande banca; una multinazionale dell’elettronica o una fabbrica di automobili...»

«non importa quale, ma uno sponsor ci serve» concluse, borbottando. «altrimenti come facciamo?»

non è detto che quell’ora del mattino fosse il momento ideale per sottoporre al capo una tale richiesta, ma zeus pareva ascoltare e chissà.

«come facciamo a far cosa?» obiettò lui, dimostrando di avere effettivamente ascoltato, senza però aver capito granché. e il fatto del dio degli dei che aveva bisogno di farsi ripetere le domande, lo rendeva più simile a ognuno di noi. la prima volta che andrai in vacanza in grecia, ricordati di passare a trovarlo con una bottiglia di succo di mirtillo.

«abbiamo costruito lo stadio per le gare di corsa!» esclamò achille, arrivato in tutta fretta, persino più in ritardo di afrodite, appena in tempo per l’inizio della riunione. e, dette quelle poche parole, se ne corse via, veloce come era arrivato.

«hmmm» bofonchiò il capo.

«abbiamo costruito l’ippodromo per le gare a cavallo!» aggiunse non so chi, e anche lui se ne andò appena finita la frase, con il punto esclamativo ancora a rimbalzargli sulla lingua.

«abbiamo costruito il braciere per la grande fiaccola!» continuò demetra, che però non se ne andò per nulla, anzi, restò con lo sguardo fisso su zeus.

«hmmm» ripeté lui.

«abbiamo chiamato gli atleti da sparta e da rodi, da samo e da crotone!» precisò poseidone, che in geografia era il più bravo di tutti.

«c’è pure il campione di lancio del giavellotto» aggiunse artemide «quello di tiro con l’arco e quello di salto in lungo!»

«hmmm» farfugliò zeus, continuando a non capirci granché e diventando persino più simpatico di prima.

«fatto sta che abbiamo bisogno di uno sponsor» portò ordine hermes. «altrimenti come facciamo?!»

«abbiamo stampato i biglietti d’ingresso» spiegò meglio «e le magliette ricordo...»

«ci sarà pure la televisione!» esclamò era. «e devo ancora passare dal parrucchiere...»

«ci sarà una festa dopo ogni premiazione!» aggiunse dioniso.

«ho capito, ho capito, vi serve uno sponsor!» si erse in piedi zeus, interrompendo ogni interruzione. «ma uno sponsor per far cosa? chi? dove? come? quando? perché?!»

«è roba da umani...» sussurrò hermes, che quando si trattava di rispondere a sei domande in un colpo solo abbassava sempre il tono, cercando di cambiare discorso «per il loro sollazzo e il tempo libero tra una guerra e l’altra.»

«è roba da umani, poveretti» continuò a sussurrare «che vanno pazzi per questi giochini, che chiamano olimpici. noi cerchiamo di dare una mano per quanto è possibile, per simpatia, per accondiscendenza, che tutto sommato si tratta di brave persone...»

«non è cosa da dio degli dei» concluse hermes «che olimpico lo sei davvero. ma se ci trovi uno sponsor fai felici tutti. che ci vuole, con tutte le conoscenze che hai?!»

«hmmm» bofonchiò zeus per un’ultima volta. poi afferrò una conchiglia e, parlando nella cornetta, chiamò l’amico di un amico di un amico, facendo sì con la testa e sorridendo agli olimpi arrivati fin lassù.

«che ne dite del panettiere di sparta?» domandò.

certo, non era l’azienda dei loro sogni ma, tutto sommato, se avesse pagato ogni cosa andava bene pure il panettiere. e probabilmente sarebbe anche rimasto qualcosa per la merenda.

l’indomani, ventiduesimo giorno di giugno di quel lontano anno 776 avanti cristo, tra squilli di tromba e rulli di tamburo, il fuoco olimpico fu acceso nel braciere e, con gli spalti gremiti e sventolanti bandiere d’ogni colore, si diede il via ai primi giochi olimpici dell’antichità, per l’entusiasmo di grandi e piccini.

a ben guardare, appollaiato in tribuna, nascosto tra i tifosi di questo o quell’atleta, eccoti nientemeno che zeus in persona con un panino al prosciutto tra mandibola e mascella. era difficile da confondere, con quel fulmine sempre sopra la testa.

«se è cosa da umani» bofonchiava, sbriciolando tutto intorno «vuol dire che c’è da divertirsi.»

«e se c’è da divertirsi» continuava a bofonchiare «allora non posso certo mancare!»

avrebbe pure bofonchiato una terza, conclusiva frase, l’olimpico zeus, ma la finale di lotta libera era cominciata e non era il caso di distrarlo più, nemmeno per una preposizione.

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