
questa storia è dedicata a chi cambia spesso idea. anzi no...
racconto ai piccoli il mondo dei grandi
ai grandi il mondo dei piccoli
racconto ai piccoli il mondo dei grandi
ai grandi il mondo dei piccoli

questo racconto è tratto dal libro favole dell'ultimo minuto
c’è chi è formica e chi no...
l'elefante e la cicala
era tutto il giorno che l’elefante lavorava senza sosta, trasportando grossi tronchi da una riva all’altra del fiume, spruzzando acqua con la proboscide per innaffiare i campi di granturco, spostando enormi massi da qua a là e da là a qua, calpestando il sentiero di terra battuta, che adesso era battuta davvero.
sono così, gli elefanti, se non hanno qualcosa di faticoso da fare si annoiano e la loro giornata pare trascorsa invano, anche se ogni tanto pure loro si prendono una meritata pausa e amano trastullarsi nell’acqua, schizzando dappertutto come i marmocchi nelle pozzanghere.
fu proprio mentre era impegnato e indaffarato in una di queste attività, che l’elefante sentì nell’aria una musichetta che lo incuriosì. si guardò intorno, ma non vide nulla, però la musica era lì – nessun dubbio – prova ne erano le sue grosse orecchie che si rizzarono attente. c’era la musica, con le sette note unite in accordi o messe in scala una dopo l’altra. c’era tanto di melodia e armonia, di diesis e bemolle, ma nemmeno l’ombra di un violinista, un direttore d’orchestra né di un ragazzino con la fisarmonica e il cappello per chiedere una moneta di compenso.
finché la proboscide non si infilò in un cespuglio, proprio dalle parti di una cicala, e la musica si interruppe.
«sei tu che canti? – barrì l’elefante – sei tu che suoni questo ritornello?»
la povera cicala non riusciva nemmeno a tremare per la paura, tanto era terrorizzata da quel bestione e dalle sue zanne.
«è lei, è lei!» esclamarono in coro da laggiù tante piccole formiche, che avevano interrotto il loro laborioso e frettoloso viavai, per vedere cosa stava accadendo lassù.
«è lei quella che suona – strillarono – è lei quella che canta! è lei che non lavora nemmeno per sbaglio, mentre noi fatichiamo e triboliamo dal mattino alla sera. è lei che non fa nulla, canta e suona e poi si sa come va a finire d’inverno...»
l’elefante sbirciò le formiche, poi guardò la cicala, quindi scrutò di nuovo le formiche, infine osservò di nuovo la cicala.
«cosa c’è di male nel cantare e suonare?» barrì.
«già, già – frinì la cicala, invero un po’ sorpresa dall’inattesa complicità – non c’è nulla di male!»
«non c’è nulla di male?!» esclamarono, indispettite, le formiche. e, offese, ripresero il loro lavoro, andandosene in fretta di qua e di là.
«canta per me – l’elefante sussurrò alla cicala – e il mio lavoro sarà più soave.»
fu così che la cicala riprese a suonare e a cantare e l’elefante si rimise a calpestare sentieri, spostare massi, innaffiare campi e trasportare tronchi, ma con quella musichetta nell’aria era tutta un’altra cosa e il lavoro da fatica, davvero, si tramutò in piacere.